Gabes

7 maggio 1990, lunedì

Sveglia alle 7:00 per prendere il bus delle 8:00 che… logicamente non esiste; si aspetta quello delle 10:30. Gentilmente ci fanno lasciare gli zaini nella biglietteria così si gira un po’ per il paese. Simpatico un negozio ambulante la cui merce è ordinatamente stesa sul marciapiedi; i prodotti in vendita spaziano disinvoltamente dai semi vari e noccioline ai pettini e ferma capelli, dai portachiavi e accendini ai coloranti per la pelle. Il negozio è gestito da quattro fratelli; i due più piccoli sono addetti alle vendite e alle dimostrazioni mentre i due più grandi sono seduti a guardare e… a incassare. Tra tutta questa mercanzia non può mancare il famoso tè alla menta, allora come d'incanto dal carrettino parcheggiato poco distante compare una fornacella con tanto di carboni, brocca con acqua e tutto il necessario per prepararlo.
Il pullman per Matmata è di quelli di città con sediolini rigidi, alcuni dei quali sono stati tolti per lasciare spazio libero per eventuali pacchi, pecore o galline. Il bus é infangato sia dentro che fuori con una certa puzza che fa da sottofondo; puzza che aumenta a dismisura quando sale un tizio che ha comprato un po’ di quelle essenze che all'aria aperta profumano ma che al chiuso sprigionano un puzzo acido incredibile.
Il panorama è dei più desolanti; é qui che capisci veramente l'importanza dell'acqua. Il terreno è arido, pietroso e solo di rado si incontra una pozza d'acqua; qualche palma e poche case creano il villaggio e… la conseguente fermata del bus. Sale e scende una fauna umana incredibilmente varia. La strada comincia a salire e il pullman comincia a sua volta a mostrare i suoi limiti; addirittura l'autista è costretto a fermarsi e spegnere il motore per una trentina di secondi per poi ripartire. Questo autista è il sosia di Ciccio Ingrassia.
Dicono che a Matmata piove mediamente 3 volte all'anno; oggi è nuvoloso e di tanto in tanto cade qualche goccia d'acqua. Queste case trogloditiche sono in pratica dei pozzi scavati nel terreno, profondi circa sette metri per una quindicina di metri di diametro, alla base dei quali sono ricavate le stanze che sono degli angusti cunicoli con tetto a volta scavati sui fianchi dell’enorme buco. La base della volta inizia dal pavimento cosi che l'altezza massima della stanza si ha al centro con un paio di metri e va a decrescere fino a zero ai lati.
La base del grande cilindro scavato nel terreno rappresenta il cortile interno della casa e al suo centro c’è quasi sempre un pozzo per raccogliere la poca l'acqua piovana; in alternativa è stato piantato un albero. In alcune abitazioni le camere sono disposte su due piani e quelle superiori, raggiungibili da ripide rampe di scale, sono generalmente adibite a deposito. L'ingresso è costituito da un cunicolo di una decina di metri che, in discesa, collega l'esterno con il cortile interno. Ce ne sono più di 700; di queste molte sono disabitate con le pareti ormai franate ma un gran numero sono ancora oggi utilizzate sia come stalle per asini, cammelli, capre, galline, conigli, sia come abitazioni civili vere e proprie. Il vecchio Bourguiba, nell'intento di civilizzare la zona, ordinò a tutti quelli che abitavano nei trogloditi di abbandonarli a favore di costruzioni moderne in superficie la cui costruzione era finanziata dallo stato; il risultato di questa iniziativa è stato che la gente si è costruita la casetta in superficie con i soldi dello stato ma continua a vivere in prevalenza nelle vecchie costruzioni. I trogloditi abitati si distinguono da quelli adibiti a stalla o abbandonati per la presenza dell’antenna TV in superficie.
La città di origine berbera si trova su un altopiano a 600 metri d’altitudine circondata da monti pietrosi dai quali, una volta scalati, si ammira un paesaggio… lunare con un deserto pietroso bucherellato da tanti crateri! A completare o rovinare il paesaggio piccole casette basse a un piano, una moschea e qualche isolata palma.
Matmata non è l’unico villaggio troglodita della zona ma questo è il più famoso grazie al regista George Lucas che ambientò qui il film Guerre stellari, Episodio IV – Una nuova speranza uscito nel ’77. La produzione acquistò alcune costruzioni troglodite, le unì a formare set di ambientazione e locali di servizio come abitazioni per attori e tecnici. Finite le riprese queste costruzioni vennero trasformate in hotel ed è qui che dormiremo questa notte; hotel Sidi Driss, si paga poco, 3,50dt a testa, ed è unico.
La maggioranza dei bambini, in nostra presenza, recita la monotona cantilena: bonjour madame, bonbon, stylo, argent e qualcuno di questi, quando non è accontentato, tira le pietre; spesso ti offrono di visitare le loro case in cambio di soldi.
La nostra stanza è la n°17 con tre letti che occupano tutto lo spazio. La porta è un pezzo di legno incastrato da un lato nel muro senza cerniere, maniglia e serratura. L’albergo sfrutta tre pozzi, due adibiti a stanze e una fa da hall con cucina, bar e ristorante; nelle gallerie di comunicazione sono stati ricavati lavabi, gabinetti e docce. L’illuminazione nelle stanze è assicurata da una lampadina che fa meno luce di una candela; dormire qui é strano, è come se stessimo all’aperto. La cena in albergo è iniziata con una zuppa, è proseguita con un calzone fritto ripieno di uova, spinaci e formaggio ed è finita con una zuppiera di cous cous che è un insieme di carne di bue, patate, ceci, barbabietole, semola e un po’ di salse; ottimo lo strudel ripieno di marmellata di datteri e rivestito di miele. 10,200dt in due.

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