Mizan Tefari
Lunedì, 6 febbraio 2012
Nel cortile dell’albergo ci sono alcuni alberi molto alti sui quali hanno trovato rifugio per la notte degli uccelli imparentati con le oche; verso le quattro del mattino, quindi molto prima del primo canto del gallo o del muezzin, hanno cominciato a lanciare dei versi strazianti in sequenza. Prima uno e a ruota gli altri, poi ancora uno e gli altri a rispondergli in coro e così via per tutta la mattinata; da incubo.
Sempre nel cortile c’è uno di quegli alberi cresciuto dentro un pneumatico che dopo decenni è diventato parte integrante dell’albero stesso.
A colazione, tra le altre cose, chiediamo i classici… pane, burro e marmellata. Al posto di quest’ultima ci portano un barattolo di passata di pomodoro; tra l’imbarazzato e il divertito gli spieghiamo che non è la stessa cosa così il manager, vestito come ieri e disponibilissimo come sempre, manda un ragazzo in città a trovare un po’ di miele. Ce lo porta in una borsina di plastica; non è molto raffinato tanto che ci sono ancora pezzi di api ma è buonissimo tanto che decidiamo di portar via quello che è rimasto.
Spesso dai tetti dei tucul esce tanto fumo, segno che dentro c’è qualcuno che cucina; nell’architettura di queste tipiche abitazioni non è prevista la presenza del camino per cui il fumo esce in maniera omogenea tra la paglia del tetto. E’ ottimo per tenere lontani insetti e parassiti un po’ meno per i polmoni di chi ci abita. Sulla cima del palo centrale che regge la struttura del tetto e che fuoriesce dal tetto stesso è sempre posizionato un oggetto che può essere un vaso di terracotta o una parte di una lattina di plastica gialla o altro.
La strada che stiamo percorrendo è in rifacimento e nei tratti già finiti non c’è l’asfalto ma breccino pressato; alla fine sarà una ottima strada bianca, abbastanza larga e con canalette per l’acqua ai lati. Il traffico è limitato a pochi 4x4, camion e bus; tra questi ultimi, tra i più vecchi, fanno ancora la loro bella figura i camion della FIAT e i bus della OM. Alcuni di questi mezzi sono stati recuperati dopo gravi incidenti tanto che sono irrimediabilmente disassati.
Tutte la mandrie di bovini fin qui viste sono costituite da animali di taglia piccola ma ben in salute. I campi vengono arati con l’ausilio di una coppia di buoi che tirano un aratro di legno. Più si procede verso sud meno persone si vedono ai bordi della strada e il paesaggio diventa più brullo. Ci sono pochi agglomerati di tucul e tra i pochi personaggi che si vedono alcuni sono nudi e alcune a seno scoperto.
Arriviamo a Tum; ci sono poche abitazioni che si affacciano sulle quattro strade che si incrociano tra loro ma… tanti ragazzini che ci prendono in consegna. Non è possibile iniziare il trek prima di domani così andiamo al vicino fiumiciattolo a mitigare la calura pomeridiana con i ragazzini del paese che ci fanno da guida. Le donne che già sono al piccolo corso d’acqua a fare il bucato o a lavarsi sono restie a farsi fotografare così, dopo esserci lavati, passiamo un’oretta al sole coi piedi nell’acqua corrente in completo relax.
Nel frattempo fuori città si sono messi in moto due mulini che funzionano ancora con vecchi motori fissi Landini a testa calda i cui scoppiettamenti rimbombano per tutta la valle.
Montiamo le tende su quello che rimane della pista in terra battuta dell’aeroporto di Tum in disuso ormai da diversi anni; tutti, o quasi, i ragazzini e le ragazzine del paese sono intorno a noi chi a guardare e chi a dare una mano anche se non richiesta. I due miliziani armati di kalashnikov che abbiamo assoldato non riescono a convincerli ad andare via; con grande difficoltà cercano almeno di tenerli non troppo vicini.
Mentre operiamo, una ragazzina arriva con un cesto pieno di samosa appena fatti; una sfoglia ripiena con riso e lenticchie di forma triangolare, fritti. Sono di origine indiana e probabilmente arrivati qui dal vicino Kenia dove è presente una nutrita comunità indiana dai tempi del colonialismo inglese. Un birr per uno, buonissimi.
Prepariamo la cena ma non è impresa facile visto che nel frattempo si è alzato un discreto vento che spegne in continuazione la fiamma del nostro fornello a gas. Dopo aver mangiato scendiamo in città, cento metri, e prendiamo una birra in un localino dove però non fanno il caffè e il caffè in quello di fronte dove… non hanno la birra.
Le fioche luci in questo villaggio sono garantite da un gruppo elettrogeno che resta acceso fino a una certa ora così come cessa l’erogazione dell’acqua dall’unica fontana del paese nelle ore notturne.