Welisoo
Mercoledì, 15 febbraio 2012
Una quarantina di minuti di corsetta pre… colazione; è ancora buio quando svegliamo l’incredulo portiere di notte per uscire. Siamo oltre i 2000 metri d’altitudine e correre non è facile; per strada ci sono poche persone e queste si mostrano divertite o indifferenti alla nostra corsa. Per l’autista di un camioncino Isuzu la giornata non è iniziata nel migliore dei modi; per immettersi sulla statale da una stradina laterale è finito con le ruote posteriori nella fossetta e li è rimasto. Ora stanno trasbordando il carico su un altro Isuzu.
Nella zona di Ambo, non lontano da qui, c’è un vecchio vulcano spento con all’interno del cratere un lago intorno al quale è possibile effettuare delle escursioni più o meno brevi e difficoltose. La strada che si dirama dalla statale per Addis Abeba e che porta al Lago Wonchii è sterrata e tutta in salita; in alcuni punti lo sterrato è talmente polveroso che il nostro 4x4 va in derapata.
E’ un parco attrezzato; occorre pagare un biglietto d’ingresso e una guida ti accompagna lungo i vari itinerari. Lungo il percorso che porta giù al lago ci sono tanti ragazzi con cavallo che propongono di effettuare il tragitto sulle variopinte selle. Dopo poche centinaia di metri c’è un bivio e la guida ci chiede se vogliamo raggiungere il lago per la strada più lunga e agevole o per quella più corta e… disagevole; scegliamo la più corta.
Alcuni passaggi sono davvero difficili, stretti, ripidi e scivolosi per il terreno polveroso che non consente una buona tenuta con qualsiasi tipo di calzatura; a ogni passo affondiamo il piede in due, tre centimetri nella polvere finissima alzando delle nuvole irrespirabili che il leggero vento contribuisce a ingigantire. L’arcano è presto scoperto; le pareti del vecchio cratere, su cui stiamo camminando, sono costituite da cenere compattata dai secoli ma che in superficie si polverizza facilmente. Gli stretti passaggi non sono altro che minuscoli canyon scavati dai rivoli d’acqua piovana; sono proprio questi canyon larghi poco più di 30 centimetri e profondi un paio di metri i punti più difficili da percorrere.
A complicare il cammino è la vista sul lago; ci sono degli scorci panoramici belli che distolgono l’attenzione dal camminare e… giù in derapata. Quando la scorciatoia finisce siamo di nuovo sulla strada lunga e agevole. Ai lati molti tucul dalle aie pulite e recintate in cui pascolano bellissimi bambini simpatici e curiosi.
Al centro del lago c’è un isolotto con sopra una chiesa copta dalla classica forma circolare; per raggiungere l’isola c’è un efficiente servizio di traghettamento effettuato con vecchi… tronchi intarsiati che portano due, tre passeggeri più il rematore o nuove… vasche da bagno in vetroresina che portano una decina di persone più due rematori.
Sulla piccola isola ci sono solo la chiesa di legno e fango a forma circolare e alcune tombe seminascoste tra gli alberi; le pareti interne della chiesa sono completamente ricoperte da tele che riproducono scene tratte da Bibbia e Vangeli vari. Sono chiaramente di fattura recente ma lo stile è volutamente un’imitazione di quello molto più antico tipico delle tele presenti in tutte le chiese. I pochi fedeli presenti girano intorno alla chiesa percorrendo il ballatoio, inchinandosi, inginocchiandosi, baciando punti indistinti di pavimenti, porte o pareti senza un apparente senso logico. Sacerdoti e fedeli hanno un bastone alto quasi quanto la persona che finisce in alto come una piccola T; quelli più belli sono quelli tutti di un pezzo e… vissuti.
Con la stessa vasca da bagno con cui siamo arrivati ripartiamo dall’altro lato dell’isola verso terra. Attracchiamo in un punto diametralmente opposto a quello del primo imbarco; nella traversata siamo accompagnati per un bel pezzo da due giovani anatroccoli che si rincorrono e si scavalcano a vicenda in modo molto simpatico. Incredibilmente sembra di essere sbarcati in un angolo di un cantone svizzero; attraversiamo una bella prateria verde percorsa da molti rivoli d’acqua e circondati da bovini, cavalli e caprette che pascolano felici.
A ricordarci il posto dove siamo una chiesa copta in cima a una collina, un gruppo di pastorelli che ci ha seguiti ripetendo ossessivamente you you, ok e money e due mulini ad acqua. Anche se di primordiale costruzione questi mulini sono frutto di un disegno ingegneristico; l’acqua a un certo punto viene incanalata in una canaletta scavata nella cenere compattata lungo la parete che delimita la valle che stiamo discendendo. La canaletta è in orizzontale così da presentarsi in posizione sopraelevata rispetto al mulino costruito più a valle; dalla canaletta l’acqua scende nel mulino attraverso tronchi cavi sorretti da un’impalcatura di legno e nonostante le molte perdite attiva i meccanismi.
Lungo il percorso ci sono numerose sorgenti; in una sgorga un’acqua frizzante e ferrosa molto gustosa al palato mentre da un’altra, più copiosa e sopraelevata rispetto al sentiero tanto da provocare una piccola cascata, esce acqua calda ottima per lavarsi protetti da sguardi indiscreti.
La vista di due caprette appena nate è l’ultima immagine piacevole… è finita la discesa nella valle svizzera; per tornare alle nostre auto e chiudere così il percorso circolare dobbiamo risalire la parete interna del cratere tra polvere di cenere, sole e sudore che ci fanno compagnia. Avremmo percorso volentieri questo tratto a dorso di un cavallo ma qui non se ne vede uno; la domanda sorge spontanea… direbbe qualcuno: abbiamo percorso il circuito in senso inverso rispetto alla massa o siamo tra i pochi ad aver completato il giro a differenza dei turisti locali che si fermano all’isola e tornano indietro? Ai posteri l’ardua sentenza… direbbe qualcun’altro!
Arrivati alle auto troviamo dei ragazzini che vendono per un birr una manciata di ceci secchi di piccole dimensioni; buonissimi ma non hanno una bustina o un pezzo di carta per contenerli così che occorre buttarseli in tasca o metterli nella bustina dei fazzolettini…
Alloggiamo all’Extreme Hotel che si trova in una traversa di Churchill Ave che è una delle strade principali di Addis Abeba. Ceniamo nel non lontano Dashen Traditional Restaurant che visto dall’esterno in una strada con tutti i negozi chiusi non si presenta molto bene. Dentro però ha un suo stile; non è grande ma accogliente, con musica dal vivo e sufficiente personale. Preso il kifto servito su un piatto di injera; è carne tritata magra, chiesta ben cotta, molto speziata tanto che a un certo punto il capo cameriere è venuto a chiedermi se era tutto ok… deve aver notato qualche cenno di cedimento da parte mia.