El Calafate

14 febbraio 2010, domenica

Colazione in albergo con un caffè improponibile poi, percorrendo la Ruta 40, raggiungeremo Puerto Bandera. La città di El Calafate è sul lago in un punto in cui l’acqua è bassa, quasi paludosa. Assieme a tanti altri uccelli acquatici spiccano i numerosi fenicotteri rosa.
Lungo la strada, sui pali della recinzione laterale, ci sono molti rapaci appollaiati che aspettano che il primo sole li riscaldi e, soprattutto, riscaldi l’aria, cosa che facilita di molto il loro volo. La giornata è luminosissima ma fredda.
Con aria indifferente scavalchiamo un gruppo in fila davanti a noi per salire sulla barca e scegliere i posti migliori; è un catamarano di ultima generazione di 40 metri, due piani, comode poltrone, ottimamente climatizzato. E’ pilotato da una sola persona con l’ausilio del GPS che proietta la sua posizione sulla cartina sul monitor.
L’acqua è color pastello dallo smeraldo al turchese a seconda dell’angolo di visuale, leggermente mossa, non tanto però da intaccare la stabilità del catamarano di nome Nueva Leòn. Poco dopo il porticciolo incontriamo la Bocca del Diablo; la speaker dice che è la conformazione rocciosa più antica della Patagonia.
Sul lato andino del Lago Argentino si aprono numerosi canali, come fiordi, con le estremità di ognuno di essi che termina davanti al fronte di un ghiacciaio. Percorriamo il Brazo Norte che ci porta al Glaciar Upsala; i monti che delimitano il canale non sono alti, sono privi di neve e tranne poche eccezioni la vegetazione che cresce tra le rocce è formata da erba e bassi arbusti. Qua e la qualche iceberg che brilla al sole che oggi ci accompagna benevolmente. Spesso gli iceberg spinti dal vento si raggruppano in angoli ciechi formando degli insiemi di diversi colori forme e dimensioni.
Il massimo numero di blocchi di ghiaccio li troviamo alla fine del canale; sono talmente tanti che il catamarano è impossibilitato a raggiungere il fronte del ghiacciaio che così possiamo intravedere solo in lontananza. A parte le dimensioni e le forme quello che stupisce è il colore che cambia dall’uno all’altro; da quelli bianchi a quelli sporchi color fango con i primi che a loro volta cambiano tonalità a seconda dell’angolo visivo e dallo spessore, tanto che alcuni assumono bellissime sfumatura azzurrognole.
Il ghiaccio dei ghiacciai altro non è altro che neve che nel corso dei millenni si è compattata sotto il peso della neve stessa; a seconda del grado di compressione, nel ghiaccio c’è una presenza maggiore o minore di aria. Queste bolle d’aria assorbono le onde lunghe della luce bianca per cui minore è la compattezza, maggiore è la presenza di aria, più il nostro occhio vede il ghiaccio di colore bianco; viceversa aumentando la compressione il ghiaccio assume sempre più una colorazione azzurrognola.
Il programma a questo punto prevedeva una sosta a Punta Onelli con la possibilità di mangiare a bordo o fare, in alternativa, una breve escursione a terra di una ora circa. Purtroppo l’ingresso al canale è ostruito da numerosi iceberg così il comandante ci informa che in sostituzione andremo a vedere il Glaciar Perito Moreno.Entriamo nel canale che ci porta al Glaciar Spegazzini. A metà strada sulla destra c’è un piccolo fronte di un ghiacciaio che però non arriva in acqua; è il Glaciar Seco. Lo Spegazzini ha un fronte di un chilometro e mezzo e, con un’altezza dal livello dell’acqua compreso tra gli 80 e i 130 metri, è il più alto tra quelli presenti in questo Parque Nacional Los Glaciares. E’ spettacolare con le infinite guglie; è visibile anche la parte finale del ghiacciaio che forma una esse nella valle tra due monti prima di sfociare in acqua. Al contrario del vicino Upsala, lo Spegazzini attualmente non da segni di regresso.
Il verde dell’acqua del lago si sbiadisce sempre di più man mano che ci si avvicina ai ghiacciai assumendo, in questo caso, una colorazione verde biancastra. Questo fenomeno è dovuto al fatto che il ghiaccio nel corso dei secoli trattiene la polvere delle rocce che frantuma col suo peso e col suo movimento verso valle e che alla fine rilascia in acqua quando si scioglie; questa polvere resta in sospensione e, a seconda della concentrazione e della natura, rifrangendo la luce del sole dona all’acqua quei colori pastello che tendono stupendamente al turchese, allo smeraldo, all’azzurro e a tutte le loro sfumature.
Due ragazzi dell’equipaggio armati di lazzo e mezzo marinaio iniziano una lunghissima pesca all’iceberg cercando di tirare a bordo un cubetto di ghiaccio lungo una quarantina di centimetri; dopo innumerevoli tentativi falliti, non so se per incapacità o per difficoltà o per spettacolarità, i due riescono nell’impresa tra il tifo, l’ilarità, gli applausi e le flashiate dei viaggiatori.Assistiamo a due piccoli crolli del fronte, tanto piccoli che non si sente nemmeno il caratteristico rombo. Si riparte per il Perito Moreno; una lunga navigata tra i canali ripassando per Puerto Bandera.
Del fronte si inizia a vedere prima una parte e poi, man mano che si esce da una curva, appare maestoso dinanzi a noi. Il fronte è meno alto di quello dello Spegazzini; solo 60 metri in media, un palazzo di venti piani, per cinque chilometri di lunghezza. Di questi ne vediamo solo una metà perché la punta della Penisola di Magellano è molto vicina al fronte e ne impedisce il passaggio e la vista all’altra metà.
Mentre il capitano posiziona il mezzo un roboante tuono squarcia il silenzio e contemporaneamente un grosso pezzo di ghiaccio si stacca e crolla in acqua prendendo tutti di sorpresa e mandando molti nello sconforto per non esser riusciti a fotografare l’evento.
Il catamarano ora è posizionato davanti a una grotta formatasi nel ghiaccio dalla cui volta cascano a breve distanza uno dall’altro pezzi di ghiaccio che finiscono in acqua accompagnati dal caratteristico frastuono; tutti hanno occhi, macchine fotografiche e cineprese puntate su quel punto per ammirare e immortalare questi momenti suggestivi.
Il catamarano si sposta lentamente parallelamente al fronte in su e giù e le persone fanno altrettanto da prua a poppa e viceversa per trovare la posizione migliore. Ad un certo punto avviene l’insperabile; crolla la volta e tutto quello che c’è sopra con un tenebroso e prolungato boato. La grande quantità di ghiaccio che finisce nel lago provoca uno splash gigantesco che supera in altezza il fronte stesso e che quando ricade in acqua genera un’onda alta più di un metro che si dirige minacciosa verso di noi con il pilota che prontamente posiziona adeguatamente il mezzo per non subire danni. E’ una cosa eccezionale!
Ancora una volta uno spettacolo unico vissuto in diretta sul posto e non in poltrona davanti alla TV. In men che non si dica torna la quiete con il fronte che ha cambiato aspetto con un vuoto dalle tonalità azzurre al posto della grotta. Mentre gongoliamo per lo spettacolo a cui abbiamo assistito un altro grosso pezzo di ghiaccio finisce in acqua con conseguente stridente boato.
Sulla strada del ritorno verso El Calafate ci sono poche case ma ben visibili con tetti e pareti colorati vivacemente. All’ingresso della città un gruppo di fenicotteri rosa pesca il cibo nell’acqua bassa e paludosa accanto ai cavalli che invece brucano l’erba e le alghe che fuoriescono dall’acqua.

start prev next end