Puerto Natales
20 febbraio 2010, sabato
Col minibus raggiungiamo Pueblito Serrano, un po’ più a sud del Lago Toro; si trova sul Rio Serrano che raccoglie e porta al mare le acque del lago. Anche noi raggiungeremo il mare a bordo di un gommone. Primo step è la vestizione; un enorme pastrano imbottito di colore arancio brillante, impermeabile e con cappuccio e sopra questo un giubbotto salvagente di colore rosso.
Raggiungiamo il piccolo molo e ci imbarchiamo sul gommone nero che porta 14 persone più due di equipaggio. E’ spinto da due motori Yamaha da 50 cv; siamo seduti lungo il bordo uno di fronte all’altro. L’acqua del fiume è uno specchio e il natante scivola su senza innaffiarci.
Dopo pochi tornanti ci fermiamo a un piccolo molo; davanti a noi ci sono delle rapide e occorre superarle… a piedi nel bosco. Non mi era mai capitato di passeggiare sotto gli alberi con pastrano e giubbotto salvagente; anche questa si può considerare un’esperienza unica. Risaliamo su di un altro gommone a valle delle rapide e giriamo nell’ansa a valle nell’attesa che un altro gruppo compia il nostro stesso percorso per poi ripartire insieme. Percorriamo il fiume nel verso della corrente; siamo due gommoni con passeggeri e uno più piccolo col solo pilota a bordo che ha il compito di… tagliarci la strada, affiancarci e soprattutto di creare artificialmente delle onde per smuovere queste tranquille acque; delle americanate che hanno lo scopo di regalare delle emozioni.
La giornata è bellissima, il cielo azzurro con qualche nuvola; le montagne che ci circondano si vedono a meraviglia, sia quelle innevate che le Torri del Paine. Le acque riflettono l’azzurro del cielo e la vegetazione è rigogliosa con fitti alberi di ñire che, nel lato esterno delle curve del fiume, sono praticamente in acqua visto che l’acqua ha eroso le spiagge che invece sono presenti nel lato interno. I classici tronchi secchi sbiancati sono presenti sia a riva che nella boscaglia.
Il primo ghiacciaio che incontriamo è il Hielo Sur; ha un discreto fronte che arriva quasi a riva. In zona ci sono decine di anitre tutte allineate a riva e qualcuna di queste prende il volo al nostro passaggio nella loro postura classica. Dopo poco è la volta dei cormorani fermi su alcuni scogli prima di prendere il volo e tuffarsi in queste gelide acque.
Arriviamo al Glaciar Serrano il cui fronte sparisce dietro la boscaglia; siamo all’interno del Parque Nacional Bernardo O’Higgins e ci troviamo in questo momento nel punto dove convenzionalmente finisce il Rio Serrano e inizia il Fiordo Ultima Esperanza, praticamente nell’Oceano Pacifico.
L’altimetro segna meno 25 sul livello del mare e sembra una segnalazione errata perché siamo sul mare, ma una ragione ci sarà sicuramente perché la stessa misura la danno un altimetro GPS e uno barometrico.
Continuando la navigazione arriviamo al Glaciar Balmaceda; il fronte di questo ghiacciaio è formato da splendidi pinnacoli. Si ferma sulla roccia a una cinquantina di metri dall’acqua; a detta del pilota del gommone fino a 25 anni fa il fronte finiva in mare.
Invertiamo la rotta e i piloti dei due gommoni iniziano a fare delle gimcane intorno a un traghetto che segue la nostra stessa rotta; gli tagliano la strada, curvano stretto, saltano sulla scia per la gioia dei passeggeri del traghetto.
Attracchiamo, assieme al traghetto che scopriamo essere della stessa compagnia di quella dei gommoni, a Puerto Toro che altro non è che un piccolo molo di legno ai piedi del Glaciar Serrano. Ci liberiamo di pastrano e giubbotti salvagente e partiamo per un breve trek verso il fronte del ghiacciaio. Il sentiero costeggia lo specchio d’acqua compreso tra il fronte e una piccola striscia di boscaglia di ñire che lo separa dal mare.
Lo specchio d’acqua è pieno di piccoli iceberg; è un continuo tuonare, tuoni prolungati. E’ la voce del ghiacciaio che borbotta anche se non cade alcun pezzo di ghiaccio dal fronte.
Lungo il percorso dei cartelli di legno indicano il nome di piante e alberi che ormai abbiamo cominciato a conoscere durante la permanenza in Patagonia. Tra questi il calafate che conosciamo talmente bene da mangiarne le bacche. Il gruelillo è un arbusto dai fiori rossi e dai baccelli simili a banane in miniatura. Il ñire è l’albero simbolo della Patagonia. Il coihue, come in ñire e lenga, è un faggio australe e nelle zone ventose vegeta solo dal lato opposto a dove soffia il vento predominante. La chaura è un cespuglio da sottobosco e in questo periodo ha fiori bianco rosati. La murtilla ha bacche rosso amaranto che i locali mangiano come quelle del calafate. Il notro è simile al cruelillo e ora mi confonde le idee perché in questo microclima nessuno dei due ha fiori o baccelli. Qui cresce una piantina bassa, quasi rasoterra, con dei frutti rossi a grappoli in miniatura davvero belli.Finita la passeggiata saliamo sul traghetto intorno al quale abbiamo volteggiato in precedenza che ci porta attraverso il fiordo, in un’ora e mezza di navigazione su acque increspate alla Estancia Perales; è una fattoria con tante pecore in riva al mare. In una sala molto grande mangiamo un ottimo e abbondante cordero preceduto da un brodo di cordero con riso, piselli, carote e altro e seguito da una buonissima macedonia di frutta fresca; il cordero ci è stato servito su una piccola brace che tiene calda la carne in attesa di essere mangiata.
Riprendiamo la navigazione e chiediamo al ragazzo che fa da public relation man un bicchierino di Pisco come quello offertoci, sempre sul barcone, come aperitivo con ghiaccio di iceberg come è consuetudine in queste zone di ghiacciai; no se puede è stata la risposta ma in alternativa ci offre il suo mate.
Un paio di ore di tranquilla navigazione ci portano a Puerto Natales; i monti che delimitano il fiordo sono bassi mentre quelli alti come il gruppo del Paine si vedono in lontananza.
Per passare il tempo sul traghetto si sono scelti, tra quelli consigliati dalla Lonely, due locali di Puerto Natales in cui fanno la migliore pizza della città in uno e si balla nel secondo. All’atto pratico il primo non fa la pizza il secondo è chiuso. Torniamo alla pizzeria Mesita Grande dove a dispetto del nome non ci sono molti posti a sedere ma fanno un’ottima pizza; alla richiesta del dolce al cameriere scappa una risatina memore del dos pallas pronunciato da Tiziana ieri sera.
Troviamo un locale in cui bere qualcosa dopo cena; si chiama El Toore, è un po’ kitsch. Nel bagno degli uomini campeggia una gigantografia molto inquietante in cui una bella ragazza ha in mano un righello… In quello delle donne, mi dicono, c’è una gigantografia con un bel ragazzo con patta aperta e sguardo implorante…