Punta Arenas

22 febbraio 2010, lunedì

Breve dormita nel container trasformato in camera d’albergo e all’alba, dopo veloce colazione, partiamo per Ushuaia. Pioviggina; nella zona di San Gregorio troviamo i relitti di due imbarcazioni. La costa è sabbiosa; sono qui da decenni. Hanno portato via tutto l’asportabile e quello che rimane sono due ammassi color ruggine. Uno dei due ha quasi solo lo scheletro e visto dall’interno sembra lo scheletro di una balena. Sono il Vapor Amadeo e la Barca Ambassador entrambi dichiarati monumento nazionale.
Arriviamo a Punta Delgada dove la strada finisce in acqua. Un traghetto è appena andato via, il prossimo è alle 8.30; c’è un faro e una piccola costruzione dove si paga il passaggio. Arriva il Caronte patagonico dall’originalissimo nome… Patagonia; ha il doppio portellone a prua e a poppa o per meglio dire non ha una prua o una poppa così che i mezzi come entrano così escono senza bisogno di manovrare. Non ha bisogno di cime; abbassa il portellone sullo scivolo e rimane fermo anche con la forte corrente che sicuramente c’è nel canale.
Oltre a noi si imbarcano alcune auto e tre autoarticolati; l’ultimo asse dell’ultimo veicolo è ancora sul portellone abbassato che i motori sono già al massimo della potenza e ci allontaniamo dalla riva mentre il portellone lentamente si alza. La traversata dello Stretto di Magellano dura una ventina di minuti durante i quali avvistiamo qualche pinguino e piccoli delfini.
Dopo pochi chilometri inizia lo sterrato; super Mario ha opportunamente protetto con due cartoni il lunotto posteriore del minibus perché le pietre schizzate violentemente dalle ruote rimbalzando sul carrellino bersaglierebbero il vetro frantumandolo sicuramente. La stretta strada che stiamo percorrendo è circondata a perdita d’occhio dalla sterminata steppa patagonica. Vi pascolano le pecore dalla testa nera; visti un paio di gaucho a cavallo con l’inseparabile cane.Benvenuti nella Terra del FuocoE’ un po’ che su alcuni pali della recinzione che delimita la strada dalla steppa vediamo cartelli che segnalano la presenza di campi minati; il confine con l’Argentina non è lontano e i rapporti tra i due paesi non sono buoni ma i campi minati mi sembrano un po’ eccessivi. A 30 anni dalla guerra che non ci fu restano ancora 106 mila mine antiuomo piazzate dai cileni che temevano un’invasione dell’Argentina in questa zona. Secondo gli accordi internazionali il Cile si è impegnato a terminare lo sminamento entro il 2012 ma la cosa procede a rilento per motivi economici più che per mancanza di volontà; a fronte della modica spesa di 50 dollari a mina per installarle ne occorrono 1000 per neutralizzarle.
Alla frontiera cilena di San Sebastian le pratiche doganali vengono sbrigate velocemente come alla successiva frontiera argentina solo che qui, al termine delle operazioni, troviamo un cane doganiere che sta annusando tra i nostri bagagli prima e nel minibus dopo; non è il classico pastore tedesco ma un grosso e tozzo cane marrone di razza indecifrabile e dall’aria svogliata che finito il suo lavoro torna lentamente in ufficio con passo… dondolante.
Siamo sulla Ruta 3 non più sterrata; si costeggia l’Atlantico. A un certo punto la strada si allarga notevolmente per diverse centinaia di metri; questo tratto di strada è una pista aeroportuale di riserva utilizzata quando l’aeroporto di Usuraia è chiuso per motivi meteo. In questi frangenti il traffico veicolare sulla strada viene fermato dalla polizia.
Rio Grande è la capitale della trota come si evince dal cartello di benvenuto e dalla gigantesca trota che campeggia nella piazza centrale al posto del Garibaldi locale. Ci fermiamo a mangiare qualcosa alla Panederia La Uniòn della vicina Tolhuin; ottimi i grissini di pastasfoglia dolci con sale all’esterno e i rustici formaggio e prosciutto.
22 9317La strada comincia a salire fino al Paso Garibaldi; non è dedicato all'eroe dei due mondi ma a Luis Garibaldi Honte che nel 1936 alla guida di una squadra di 60 prigionieri del carcere di Ushuaia aprì un sentiero  attraverso i monti, sentiero utilizzato una decina d'anni dopo per il passaggio della Ruta 3 che stiamo ora percorrendo. Questo passo andino è l’unico della Patagonia orientato Nord Sud al contrario degli altri orientati Est Ovest ed è l’unico completamente in territorio argentino mentre gli altri fanno da confine con il Cile. Da questo si deduce che Ushuaia è l’unica città argentina a essere… aldilà delle Ande.
Arriviamo in città dalla periferia est; ci sono molti container accatastati vicino al porto, troppi per una piccola cittadina e per un entroterra inesistente. Il quartiere dove c’è il nostro hotel non si presenta molto bene; Hospedaje Mayi, gestito da Teodoro e sua moglie Maria. Non è messo molto bene; alcune stanze hanno la finestra che da sul corridoio che a sua volta prende luce da un finestrone cieco e aria… quando si apre la porta. Per andare nella sala da pranzo occorre passare dalla cucina che a sua volta non ha finestre. Però Maria cucina bene e Teodoro è disponibile a prenotare giri, anticipare soldi, cambiare gli stessi mentre siamo in giro a fare trek; questo compensa le carenze strutturali compreso la mancanza del bagno per alcune stanze.
Breve giro di ricognizione verso il centro armati di cartina; raggiungiamo via San Martin che è la parallela al lungomare ed è la strada dei negozi. E’ molto freddo, un freddo pungente che ci fa ritornare volentieri in albergo dove ceniamo con un ottimo brodo di cipolle, piselli, carote, zucca e riso, seguito da un bel pezzo di lomo alla piastra con insalata mista e torta finale.

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